Leivi e l'Appennino innevato visti da Campodonico a 300m slm

Curiosità

Scopri quel che si nasconde tra i sentieri del circondario, la vecchia storia dei posti, le usanze, gli annedoti di chi ci viveva.

fioriture primaveriliFioriture Primaverili

Trovo importante segnalare che lungo il crinale tra Chiavari e Rapallo è possibile vedere stupende fioriture, specie nel periodo tra marzo e aprile. In particolare, al passo dell'Anchetta e al bivio di monte Zuccarello è riportata una cartellonistica dedicata e proprio tra quei due cartelli vi sono le maggiori possibilità di trovare rari esemplari floreali e di erbe aromatiche oltre che erbe velenose.

Tra Sanguineto e Maxena, tra rustici e terrazzamenti, è possibile vedere numerosi alberi in fiore.

In alcuni racconti della gente di campagna c'è il ricordo della fioritura dei narcisi a maggio, mese mariano, quando le comitive parrocchiali del circondario andavano in pellegrinaggio a Montallegro. Io non sono ancora riuscito a vederli, segno forse che l'ambiente naturale nell'ultima metà secolo è cambiato molto e alcune specie crescono in posti remoti.

Alcune foto:

cartellonistica delle specie botaniche e degli animali, presente al bivio per monte Zuccarello e al passo dell'Anchetta

CARTELLONISTICA

nella foto: cartellonistica delle specie botaniche e degli animali, presente al bivio per monte Zuccarello e al passo dell'Anchetta

soffione sul monte Anchetta

SOFFIONE

nella foto: soffione sul monte Anchetta

fiore di iris bianco sul monte Castello

IRIS

nella foto: fiore di iris bianco sul monte Castello

timo in fiore, ampiamente presente tra le rocce del monte Castello

TIMO

nella foto: timo in fiore, ampiamente presente tra le rocce del monte Castello

calta palustre sul monte Groppo

CALTA PALUSTRE

nella foto: calta palustre sul monte Groppo

elleboro fetido, che cresce nella zona tra Montallegro e il monte Anchetta

ELLEBORO FETIDO

nella foto: elleboro fetido, che cresce nella zona tra Montallegro e il monte Anchetta

l'asfodelo montano che cresce sui terrazzamenti sul crinale del monte Groppo

ASFODELO

nella foto: l'asfodelo montano che cresce sui terrazzamenti sul crinale del monte Groppo

fiori in vaso tra i rustici di Case Costa, in località Sanguineto

FIORI IN VASO

nella foto: fiori in vaso tra i rustici di Case Costa, in località Sanguineto

alberi in fiore presso la frazione di Maxena in Chiavari

ALBERI IN FIORE

nella foto: alberi in fiore presso la frazione di Maxena in Chiavari

I Mulini sul Rio Campodonico

Catalogati come opifici, dei mulini sul Rio Campodonico restano poche tracce. Seguendo la strada bianca carrabile alle spalle del Palazzetto dello Sport di Chiavari, già dopo poche centinaia di metri è possibile vedere il primo, su sponda sinistra proseguendo verso monte. Le ruote sono ancora visibili, seppur non più in funzione. Un canale in pietra scende dal monte e forse era presente una vasca, ora coperta di vegetazione. Poche centinaia di metri oltre, collegato da un pontino sovrastato da edicola votiva, c'è il secondo. Recentemente ristrutturato nelle facciate esterne, presenta a monte la vasca di raccolta dell'acqua e il relativo canale di raccolta. Purtroppo a causa dell'incuria, questa è spesso coperta dalla vegetazione.

Vicino all'edicola votiva, a ridosso del Rio, è presente il vecchio sentiero che porta al successivo mulino ma la vegetazione florida lo rende difficilmente praticabile. La nuova sterrata semi-carrabile, soprastante, conduce diversi metri sopra all'edificio nel quale non è più presente la ruota anche se la macina in pietra giace tra l'erba vicino al sentiero a bordo fiume.

Anche in prossimità della piazza di San Pier di Canne era presente un mulino e, poco distante da esso, sul Rio Campodonico, i lavatoi. Non restano tracce di queste costruzioni, che ormai sono state demolite o sono diventate comuni edifici residenziali, così come restano poche tracce del percorso pedonale lungo il Rio Campodonico, realizzato in pietra, occupato in parte dalla posa di tubazioni e occasionalmente eroso o occupato da piante infestanti. Il suo tracciato è ben visibile in alcuni punti come sotto al ponte nei pressi del cancello per il Palazzetto.

Uno scritto dell'Ing. Francesco Casaretto, datato 1996 e messo a disposizione dalla Parrocchia di San Pier di Canne, riporta queste informazioni:

La città di Chiavari, nel secolo scorso, faceva molare il suo grano, nei 3 Mulini ad acqua che vi erano lungo il corso del torrente Rupinaro. La loro potenzialità non era grande e d'estate avevano la difficoltà di pochissima acqua. Quando mancava o scarseggiava l'acqua del Rupinaro, il grano veniva portato a Paraggi [...] I mulini di San Pietro funzionarono per molti anni, fino a dopo la II Guerra Mondiale, e il primo mulino elettrico di Chiavari, fu quello installato aldilà del ponte, sulla via del Rostio nel 1920, da Sanguineto detto 'o Tatto'. [...] La festa di S. Pantaleo cade il 27 luglio e il grano è pronto per essere molato. Infatti il grano viene raccolto alla fine del mese di giugno, contiene tanta umidità che potrebbe impastare le macine, occorre che essicchi e in generale è pronto dopo circa 30 giorni dal raccolto. Il detto popolare è: 'per San Pantaleo, lasagne co gran neo.' Gli abitanti di S. Pietro avevano diritto di precedenza. I mulini raccoglievano la poca acqua in uno sbarramento 'a ciusa', e molavano solo il grano delle famiglie di S. Pietro. Anche il Parroco, con l'aiuto del campanaro, nei giorni precedenti visitava i suoi parrocchiani contadini, che gli regalavano un poco di grano, così anch'egli poteva festeggiare S. Pantaleo con le lasagne fatte con il raccolto nuovo.

Le opere della chiusa e le vasche di raccolta dell'acqua non sono più facili da identificare sul posto, a causa della vegetazione e forse danneggiate dagli eventi alluvionali degli ultimi decenni o riempite di terra. A S. Pantaleo è dedicata la via pedonale a lato della chiesa di S. Pietro.

Alcune foto:

i mulini sul Rio Campodonico a Chiavari

IL PRIMO MULINO

nella foto: il primo dei mulini che si incontra addentrandosi nella valle; lo si riconosce anche per la presenza di molti animali come cani e caprette

edicola votiva

IL SECONDO MULINO

nella foto: ripresa storica del secondo mulino, ormai privo di ruota, con il pontino antistante tuttora presente

i mulini sul Rio Campodonico a Chiavari

IL TERZO MULINO

nella foto: l'ultimo mulino infondo alla valle, ormai convertito in abitazione, raggiunto dal vecchio sentiero

La Scaffa sul Torrente Entella

L’amministrazione francese nel 1800 mise mano, tra gli altri, al sistema delle scaffe: barche senza vele e tirate da una fune, per il passaggio di persone, merci e animali da una sponda all’altra dei fiumi. Nel dicembre 1811 fu affidato l’appalto per la gestione triennale della scaffa sull’Entella, tra Chiavari e Lavagna, che funzionava da secoli. Quest’ultima avrebbe cessato la propria funzione poco tempo dopo, nel luglio 1812, quando fu terminato e collaudato il nuovo ponte in legno, detto appunto 'napoleonico'.. (fonte: sito Comune di Chiavari - turismo)

Gli interventi di consolidamento e aggiustamento degli argini furono frequenti, così come il rimediare ai danni fatti dalle piene alle 'pille' del ponte della Maddalena e alla 'pedagna' in legno costruita in sostituzione della 'scaffa '. (fonte: volume Oltre la Rinaturalizzazione, Oltre Edizioni, a cura di Valentina Moneta e Claudia Parola)

Questi due stralci ci raccontano un pezzetto di storia del torrente Entella: sebbene esistessero ponti di collegamento tra le sponde, rinforzate dagli interventi in epoca napoleonica, tra l'attuale corso Lavagna lato Chiavari e via G. Garibaldi lato Lavagna era attivo un servizio di trasporto merci e persone, la scaffa, termine di origine dialettale per indicare un'imbarcazione. Questo collegamento si poneva, con una certa precisione (geometricamente parlando - è precisamente perpendicolare al torrente e allineato longitudinalmente alle vie), sulla tratta tra la basilica di Santo Stefano in Lavagna, che sorge sulle rovine del preesistente castello fliscano, e la zona di via Entella e salita Ceive a Chiavari. Questi due percorsi conducevano rispettivamente a Ri Alto, al Curlo e nel centro di Chiavari lungo le vie a ridosso del Castello e dalla porzione storicamente più antica della città. Da notare inoltre che, attorno all'attuale corso Garibaldi a Lavagna, esistevano e in parte esiste ancora una grande piana coltivata, la più estesa della zona, che peraltro si alimentava di terre fertili durante i periodi di esondazione del torrente. La scaffa era una risorsa immortale rispetto agli eventi alluvionali, poichè semplice da sostituire rispetto alla ricostruzione o manutenzione di un ponte.

Attualmente esiste ancora lato Lavagna uno strumento di sollevamento con gancio e, ai suoi piedi, una piccola barca sdraiata su un fianco. Si tratta di un'opera recente, realizzata attorno al 1990 e, a detta di una signora che abita in zona, utilizzata solo una volta.

Alcune foto:

stralcio catasto napoleonico con individuazione posizione della scaffa

Catasto Napoleonico

nella foto: la posizione della scaffa nel catasto napoleonico, quando c'erano ancora poche strade e poche costruzioni

stralcio satellitare con individuazione posizione della scaffa

Immagine Satellitare

nella foto: la posizione della scaffa rispetto allo sviluppo urbano moderno di Chiavari e Lavagna

il braccio di sollevamento della scaffa ricostruito in tempi recenti

Braccio di sollevamento

nella foto: il braccio di sollevamento della scaffa su sponda lavagnese, realizzato in tempi recenti

I sentieri di fede

Una delle principali particolarià di molti dei sentieri e delle pedonali della zona è che conducono e collegano cappelle e chiese costruite in periodi storici molto differenti. La meta che in assoluto ha una rilevanza maggiore è il Santuario di Montallegro, alle spalle di Rapallo, sul monte Allegro (ora monte Rosa).

In passato i pellegrinaggi avvenivano a maggio, mese dedicato alla Madonna, ma nel tempo alcune parrocchie hanno riorganizzato le date, distribuendole durante l'arco dell'anno, per non accavallarsi e rendere difficoltoso lo sfruttamento del santuario. Diversi i motivi che portavano a compiere il viaggio e tra questi la richiesta di aiuto ai tempi del colera (anni 1700) ma anche come ringraziamento per aver protetto la popolazione dalla peste. Solitamente si portavano dei doni, come l'olio o oggetti preziosi.

Le carte di inizio 1800 permettono di ricostruire almeno 2 percorsi ritenuti principali e, dai racconti della gente della campagna, ne emergerebbero altri: da San Pier di Canne, attraverso Maxena, la Costa di Sanguineto e poi San Lorenzo e il passo della Colla a villa Oneto. Dalla cappella di San Bernardo a Campodonico, un antico e ancora esistente sentiero, recentemente recuperato, saliva al monte Anchetta e poi raggiungeva il passo della Colla. Queste due tratte, in un certo senso, stridono con l'attuale cammino che da Sanguineto porterebbe in cima al monte Anchetta: alcuni abitanti sostengono che la tratta di collegamento tra le case Costa a Sanguineto e la cima del monte sia stata realizzata in tempo di guerra e infatti non appare nelle carte del touring club di inizio 1900. Altri percorsi, sebbene non indicati nelle carte come cammini per Montallegro, partivano da San Rufino in Leivi, attraversavano il crinale fino a San Lorenzo e poi salivano al passo della Colla: sentieri esistenti, magari parzialmente asfaltati per gli usi moderni. È lecito pensare che anche da Camposasco e quindi da villa Oneto si salisse al passo della Colla, seguendo alcuni sentieri di crinale che oggi risultano particolarmente sporchi e difficili da individuare. Anche il percorso che dalle Grazie e da Rovereto conduce alla Madonnetta e, proseguendo, al passo dell'Anchetta e al passo della Colla, pare fosse la via ufficiale degli abitanti della zona, nata da una disputa tra parrocchiani forse risalente agli albori del 1800, periodo in cui la parrocchia di Bacezza ottenne la propria autonomia da quella di San Pier di Canne. Alcuni residenti di San Pier di Canne confermano che, a metà del 1900, capitava di alternare il percorso usuale da Maxena e San Lorenzo con quello dal monte di Bacezza, a cui peraltro il quartiere era collegato in direttissima tramite ben due percorsi: uno che risaliva dalla via del Lertora, dove ora sorgono la casa di riposo e il supermercato, e uno dal cimitero di San Pier di Canne; entrambi i percorsi sarebbero stati parzialmente interrotti dalla costruzione dell'autostrada nel 1965-1969 e poi, nel tempo, dimenticati e rovinati definitivamente dal dissesto idrogeologico e dalla crescita di macchia.

Le edicole votive

Nei secoli passati, ci si spostava a piedi sui sentieri e questi erano punti di incontro, la gente esprimeva la propria fede in maniera spontanea ed essenziale ponendo sui percorsi piccole statue della Madonna a protezione del cammino o per ringraziamento. Erano Madonnine semplici, ma inserite con cura in nicchie o in apposite edicole, ad hoc: punti di sosta per il fisico affaticato e occasione di preghiera, fiori di campo in omaggio alla Madonna. Rappresentavano un modo per sacralizzare territorio, per collocare a un crocevia, presso una sorgente o comunque in punti significativi dei percorsi abituali, un ponte tra il quotidiano e la fede, un momento di pausa per il corpo e per lo spirito. Servivano ad adempiere a un voto della collettività o anche individuale, a invocare protezione ed erano quasi sempre opera di privati o di gruppi di privati, posti su suolo pubblico, sentiero, appunto, a disposizione di tutti. E i ceri che forse venivano messi nell'edicola, davanti alla Madonna, erano probabilmente anche un punto di riferimento per chi era costretto a percorrere quei sentieri all'imbrunire o addirittura di notte. Nelle città si trovavano agli angoli delle strade, sui cantoni delle case ed erano preziose statuette con cornici sontuose, piene di stucchi, magari di marmi o dorature, spesso opera di artisti locali sconosciuti ma molto bravi, a volte messe lì da privati, a contrassegnare la corporazione che operava in quella via. Nei nostri paesi di provincia non hanno velleità artistiche, talvolta sono di pregevole fattura, ma sono testimonianze di fede e di gratitudine. Levi non fa eccezione e il suo territorio, come quello dei comuni vicini in cui sconfineremo, è costellato di edicole votive, volta semplici nicchie scavate nei muri delle case o nei muri di contenimento, qualche volta costruzioni a sé stanti. La devozione dei secoli passati però si è scontrata con il vandalismo dei nostri giorni e le madonnine hanno dovuto essere protette da una robusta grata di ferro. Nel nostro territorio, nel comune di Leivi e nei comuni limitrofi le edicole sono poste sui sentieri che direttamente o da diramazioni portano a santuario di Montallegro; abbiamo individuato sei sentieri principali della fede alla Madonna che si snodano attraverso i boschi e nei quali confluiscono sentieri minori. Su tutte le edicole mariane, tutte del tardo ottocento e soprattutto del novecento, a testimonianza di una fede antica, ma anche una fede moderna, perché anche all'ombra delle antenne paraboliche, accanto al parcheggio delle auto o vicino ad un barbecue l'uomo di oggi, disincantato e pragmatico, ha voluto sistemare una Madonnina, di cui si prende cura liberandola dalle erbacce, ripulendone la statuina e ornandola di piante e fiori.(tratto da Leivi e Dintorni, edicole votive sui percorsi della fede - di Mirna Brignole e Cesare Ferrando, Centro Cultura La Torre - Leivi)

Alcune foto:

edicola votiva a San Bartolomeo di Leivi lungo il percorso 5 Torri

a San Bartolomeo di Leivi

nella foto: edicola votiva a San Bartolomeo di Leivi lungo il percorso 5 Torri in prossimità del convento delle Suore Carmelitane Scalze

edicola votiva a Maxena di Chiavari lungo il percorso che collega San Pier di Canne a Maxena e Montallegro

a Maxena

nella foto: edicola votiva a Maxena di Chiavari lungo il percorso che collega San Pier di Canne a Maxena e Montallegro, in località la Costa sul crinale

edicola votiva a Sanguineto

a Sanguineto

nella foto: edicola votiva a Sanguineto, sulla scala pedonale che collega la strada carrabile a Case Costa sul crinale

Sorgenti sul monte Anchetta e dintorni

Quasi tutta l'area del monte Anchetta e i versanti collinari circostanti sono sistemati a fasce terrazzate che un tempo erano sfruttate per le coltivazioni e, in misura minore, l'allevamento. Le persone del posto ricordano che cinquanta anni fa non c'erano le alberature attuali, non c'era la macchia infestante e da ogni punto era possibile vedere il mare o le colline circostanti. I funghi, tipo i prestigiosi ovoli, si trovavano comunemente in terra tra l'erba.

Per portare l'acqua nelle aree coltivate i contadini la pescavano dalle sorgenti: il monte è ricco di punti da cui l'acqua zampilla o ristagna tutto l'anno, anche quando fa maggiormente caldo. Nei periodi piovosi i rivoli d'acqua riempiono i valletti che scendono al Rio Campodonico o direttamente al Torrente Rupiraro.

A Campodonico, nel bosco a poche decine di metri dalla baita Facciu, è ancora presente una sorgente da cui veniva pescata l'acqua per portarla fino al centro abitato, con tubazioni che correvano nel bosco per quasi un chilometro. Altri punti dove l'acqua è presente tutto l'anno sono in prossimità di Case Camiade, tra Maxena e Sanguineto, e sotto la chiesa di Maxena.

Alcune foto:

sorgenti a Sanguineto

a Sanguineto

nella foto: la pozza e l'adiacente sorgente sgorgano acqua tutto l'anno, vicino case Camiade

sorgenti a Campodonico

a Campodonico

nella foto: questa sorgente tende ad asciugarsi d'estate; si trova a Campodonico

sorgenti a Maxena

a Maxena

nella foto: la Fontana di Castello, vicino alla chiesa di Maxena, ha acqua tutto l'anno e trabocca d'inverno